“…Si chiamava Amedeo Amadei…”

realizzato da Max

 

Il grande Totò lo annoverava tra i Re di Roma, una battuta di Mario Carotenuto ne Il tifoso, l’arbitro ed il calciatore recitava “… il centravanti della Roma del primo scudetto si chiamava Amedeo Amadei; ecco perché er mi fio se chiama Amedeo…” questi sono solo alcuni dei tributi che la cinematografia ha reso ad uno degli uomini più rappresentativi nella storia dell’A. S. Roma. Si tratta di film comici, leggeri e divertenti, ma per dare un’idea del legame che univa Amadei alla Roma bisognerebbe far ricorso ad un bellissimo romanzo d’amore. Per lui era amore materno, come testimonia una sua affermazione “Non pugnalerò mai mia madre” , il cui significato era chiaro: non avrebbe mai giocato col massimo impegno contro la sua Roma. Il calcio era la sua passione, malgrado l’opinione contraria dei suoi genitori che volevano si dedicasse all’attività di famiglia, da cui il soprannome di Fornaretto de Frascati. Debuttò in prima squadra giovanissimo, aveva solo 15 anni, con un pareggio interno contro la Fiorentina e la domenica successiva, in una gara da dimenticare, Amedeo stabilì un record tuttora imbattuto: il più giovane realizzatore che la serie A italiana abbia mai avuto. Era il 9 maggio 1937, riportò momentaneamente in partita la Roma pareggiando il vantaggio iniziale della Lucchese… ma il risultato finale fu un pesante 5-1 per i toscani. Fu mandato a maturare a Bergamo, un anno in serie B con l’Atalanta; il 1938 – ’39, il torneo che vide il ritorno di Attilio Ferraris in giallorosso. Arrivò il 1941 – ’42, l’anno tanto atteso. All’esordio la Roma rifilò un 5-1 al Napoli, in cui Amedeo mise a segno una splendida tripletta, un biglietto da visita efficace con il quale la Roma metteva in guardia le sfidanti. Il centravanti quell’anno colpì 18 volte. Decisiva la sua presenza nelle sfide – scudetto del girone di ritorno: a Venezia lui e Masetti furono i protagonisti. Il portierone giallorosso parò un rigore ad Alberti nel primo tempo mentre Amedeo segnò il gol – partita di un match tesissimo. A Torino contro i granata il centravanti firmò una doppietta e gli fu ingiustamente annullata un’altra rete. L’arbitro era in giornata negativa e alcune sue decisioni trasformarono una vittoria giallorossa per 3-1 in un insperato (dai piemontesi) 2-2 finale. Torino non è propizia per le direzioni arbitrali, lo abbiamo capito anche in questo campionato, ma in quel maggio del ’42 si giocava la volata finale per il titolo ed i granata lo contendevano ai capitolini. Basterebbe questa gara a mettere il bavaglio a chi, nel corso dei decenni, ha osato insinuare che da Piazza Venezia qualcuno (…) avesse fatto partire delle “veline” che ordinavano di favorire la Roma. In fondo, ripensandoci, ai “piani alti” non avevano altri problemi a cui pensare. Cosa c’era che poteva dare turbamento a chi aveva in mano le redini politiche ed amministrative del Paese? Forse un conflitto che da “blitzkrieg” (guerra – lampo) iniziale stava aprendo fronti di guerra in tutte le zone del mondo e si stava complicando sempre più? Altre situazioni interne che stavano sfuggendo di mano?… queste sono cose secondarie: bisognava far vincere lo scudetto alla Roma, era sicuramente più importante, almeno per chi ha la pretesa di insegnare la storia senza conoscerla. Il tricolore arrivò con grande merito e fu una gioia a metà; non si poteva festeggiare con una guerra in corso. Trascorse un anno ed Amedeo si ritrovò squalificato a vita per un calcio rifilato in mischia ad un segnalinee durante una semifinale di coppa Italia. Non era stato lui e, anche se tardivamente, arrivò l’ammissione di colpevolezza di un suo compagno. Nel frattempo, provvidenzialmente, un’amnistia federale aveva già reintegrato Amedeo. La catastrofe bellica finalmente cessò e si tornava lentamente alla normalità. Un interessamento del Torino mise in allarme la tifoseria romanista: Amedeo non deve lasciare Roma! Questo il coro unanime dei supporters romanisti. La società fece allora un passo indietro e sospese le trattative. Col senno di poi, quella presa di posizione dei tifosi salvò Amedeo dalla maledetta strage di Superga del 1949, uno dei momenti più tristi nella storia del calcio italiano. Ma la Roma viveva un momento drammatico e la separazione arrivò, era l’estate del 1948. Amadei all’Inter, “…per favorirne l’affermazione ad un più alto livello…” dirà l’allora presidente giallorosso Pietro Baldassarre. Si aprirono le porte della nazionale per lui. Dopo due anni indossò la maglia del Napoli, ma la Roma restava sempre nel suo cuore e non ne faceva un segreto per nessuno. All’ombra del Vesuvio ritrovò Naim Krieziu, compagno di mille battaglie e campione d’Italia nel ’42. Pianse amaramente quando il 17 giugno del ’51 i destini di Roma e Napoli si incrociarono beffardamente; ultima giornata di campionato, i partenopei facevano visita al Padova che lottava per restare in serie A proprio come la Roma che giocava col Milan fresco campione d’Italia. I veneti avevano un punto di vantaggio sui giallorossi. Messo fuorigioco dopo pochi minuti per un infortunio Amedeo seguì la sfida dagli spogliatoi; il Napoli non andò oltre con l’impegno e venne sconfitto 2-0 come, per la stessa mancanza di motivazioni, fece il Milan a Roma perdendo 2-1. La Roma in B. Unico momento buio della sua Roma che seppe reagire e tornare presto tra le grandi del calcio italiano, restandoci in pianta stabile. Nel 1956 appese gli scarpini al chiodo; allenò il Napoli e la Lucchese e poi negli anni settanta, a titolo gratuito. la nazionale di calcio femminile. Nel 2012 Amedeo entra nella Hall of fame istituita dalla dirigenza giallorossa; un voto popolare gli ha attribuito questo doveroso riconoscimento. A votarlo molti giovani e meno giovani che, per motivi anagrafici, non hanno avuto la fortuna di vederlo giocare. Il racconto di un nonno o di un genitore, però, è bastato a dare l’idea di chi fosse il grande centravanti del primo scudetto romanista, un uomo con la lupa capitolina cucita sul cuore. Amedeo Amadei se n’è andato pochi giorni fa, aveva 92 anni; gli almanacchi parlano delle sue tante reti, di uno scudetto conquistato durante la guerra e di qualche presenza in nazionale ma per chi va oltre freddi dati statistici e vive con passione e con amore questo sport, quel nome è il sentiero su sui incamminarsi per ripercorrere 86 anni di storia giallorossa.
Addio Amedeo, grande cuore giallorosso.

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