Continua a tenere banco il dibattito sul tema stadio della Roma. Il giornalista de Il Tempo Fernando Magliaro è intervenuto a Romanews.eu per fare luce sulle indiscrezioni lanciate dal quotidiano, in merito alla possibilità di una modifica al progetto che rischia di vedere l’eliminazione di due torri, il ponte sul Tevere e il prolungamento della metro B.
Lo stadio della Roma perde torri, strade e metro…
“Quello su cui abbiamo lavorato negli ultimi venti giorni è uno scenario: non stiamo dicendo che sarà così ma c’è questa possibilità. L’intendimento di Berdini (Assessore urbanistica, ndr) è quello di eliminare il più possibile delle cubature. Lo scenario potrebbe prevedere un domino che parte dalle torri dell’Eur che da ormai vent’anni sono ridotte a uno scheletro. Queste si sarebbe dovuto creare un centro direzionale di Telecom. Era stato rilasciato il permesso a costruire dal commissario Tronca ma nelle ultime settimane è intervenuto Berdini che il 29 luglio ha revocato il permesso, anche se negli ultimi giorni con alcune dichiarazioni ci ha ripensato visto che Telecom avrebbe dovuto contribuire alla riqualificazione di una parte di quella zona versando dei soldi. Telecom doveva ottenere il permesso a costruire entro il trenta settembre altrimenti poteva sciogliere la società costituita con Cassa Depositi e Prestiti senza pagare la penale. Il trenta di settembre il permesso non è arrivato e lo stesso giorno Telecom ha ratificato la proposta di rescindere il contratto e di rivendere la metà delle quote societarie che Telecom aveva acquistato. Telecom va dunque via e le torri restano così. Ma il 30 settembre viene presentato il ricorso al Tar contro la decisione di Berdini: lo stesso assessore ci ha già ripensato e non è impossibile prevedere che il Tar annulli questo atto. Ma i due palazzi sono in ogni caso pronti per chiunque. Abbiamo saputo che come scenario possibile Unicredit decida di non andare più in una delle tre torri di Tor di Valle ma di prendere un edificio all’Eur. Il risultato amministrativo e politico che porta è che Berdini può sedersi al tavolo delle trattative con i proponenti che non hanno più una ragione per spingere per costruire le torri, non avendo più a chi venderle. Berdini, con l’intenzione di tagliare le cubature, deve eliminare una parte delle opere pubbliche: dalla relazione che abbiamo c’è scritto che ci sono anche degli errori di calcolo di SUL (superficie utile lorda), il parametro sul quale si calcola lo sviluppo urbanistico in termine di cubature che un terreno può avere, e ci sarebbero degli errori sui parcheggi. La strategia globale dovrebbe essere quella di ricalcolare in parte la SUL, allargare la superficie dei parcheggi e darli in gestione ai proponenti ed eliminare alcune opere pubbliche per abbattere la cubatura. L’eliminazione di parte delle opere pubbliche comporterebbe l’eliminazione del nuovo svincolo sulla Roma-Fiumicino a Parco de’Medici, nel ponte carrabile sul Tevere e in una parte della strada che da questo ponte arriva fino a Via Ostiense/Via della Magliana immettendo anche nei parcheggi dello stadio. Risparmio? Certo. Queste tre opere di fondo hanno un valore di 104 milioni di euro. La SUL è pari a una torre e mezza o qualcosina di più. E se io tolgo quei 104 milioni ti tolgo una torre e un pezzo: quando ricalcolo la SUL e allargo i parcheggi due torri sono andate via. Il gioco può funzionare se i proponenti non facciano resistenza. Ma la Roma e Parnasi spenderebbero di meno e non hanno necessità di costruire tutte e tre le torri. A quel punto si scrivono queste cose sotto forma di variante urbanistica con delle prescrizioni della Conferenza dei Servizi e quando si va in consiglio a votare la variante invece della procedura standard, si fa il contrario: sono entrato in Conferenza, taglio quello che si può tagliare e nella variante modifico anche il testo della delibera di Marino”.
Comporterebbe un aumento dei tempi?
“No, la conferenza ha sempre una durata di 180 giorni. In qualche misura si restringerebbe la pratica. Il vero nodo è che se questo scenario si realizzasse ne sarebbero tutti contenti ma gli unici ad avere problemi sarebbero i tifosi e i cittadini romani che si aspettavano qualcosa di più dal punto di vista della circolazione e viabilità. Se i tempi verranno rispettati e lo stadio vedrà la luce nel 2020, il Ponte dei Congressi, che deve costruire lo stato con soldi pubblici ed è indipendente dallo stadio, non sarà operativo prima di cinque anni così come la Roma-Lido. Lo stadio potrebbe dunque aprire due anni prima della Roma-Lido e del Ponte dei Congressi. Da una parte il buon senso ti direbbe di rallentare la costruzione dello stadio ed aspettare il 2022 ma il privato non sarebbe d’accordo dall’altra queste opere dipendono dalla città di Roma e dalla Regione Lazio. La Roma potrebbe fare causa? Causa potrebbe farla chiunque ma i proponenti ti dicono che sono abituati a trattare e trovare un accordo: che vuol dire che non farebbero causa. Per un biennio rischieremmo di avere per arrivare allo stadio solo la Via del Mare. Questa verrebbe unificata e allargata e con gli svincoli fatti bene: ma avremmo solo quella per arrivare all’impianto. Voglio sperare che oltre la volontà politica di ridurre le cubature, si facciano dei ragionamenti su questi aspetti. Confido nella saggezza di Berdini e degli uffici comunali e regionali”.
La prima pietra nella primavera del 2017?
“Mi sembra una data fin troppo ottimistica per una serie di ragioni. Se la Conferenza di Servizi si conclude senza intoppi ad inizio marzo ci sarebbero ancora dei passaggi burocratici da fare e altre settimane andranno via. L’autunno del 2017 anche un po’ inoltrato potrebbe essere più attendibile come periodo nel quale cominceranno i veri lavori. Sempre se non ci saranno ulteriori intoppi e rallentamenti”.