Il filosofo e giurista Giambattista Vico affermò l’esistenza dei “corsi e ricorsi storici” ovvero il ripetersi, a distanza, di fatti ed eventi già accaduto in pasato. Qualora a taluni sorgessero dubbi su tale affermazione, potrebbero facilimente fugarli andando a vedere la storia della Roma infatti, come da sua inamovibile tradizione, non tradisce assolutamente questa insopportabile verità che la vede, ogni volta che si trova in procinto di fare il salto di qualità, arrivando a dotarsi della sempre desiderata mentalità vincete, eccola conseguente la solita sconfitta o il solito pareggio vanificando conseguentemente ogni opportunità di gloria.
L’incontro con il Npaoli è stato, in qualche modo, la concreta testimonianza che siamo ancora estremamente lontani dall’acquisire quello, per noi irraggiungibile, livello di mentalità. Nemmeno un prestigioso e superdecorato tecnico, quale lo Special One, è riuscito ad inculcare nella testa dei giocatori quella indispensabile qualità che consente di eliminare timori e remore e divenire finalmente e definitivamente una grande squadra.
Forse che, anche lui, sembra averla smarrita perchè avvolto nell’atmosfera di timidezza e di rassegnazione che appare essersi irrimediabilemnte impossessata dell’intero ambiente giallorosso? Cambiano presidenti, direttori sportivi, tecnici e giocatori ma, fatte salve rarissime eccezioni (solo due negli ultimi ottanta anni) la squadra fallisce il salto di qualità. Non è certo facile identificarne le cause e trovare adeguate soluzioni che, proprio dalla nostra storia, non esistono, almeno nella Roma, nel rinnovo degli organiici tecnici e dirigenziali, ma vanno individuate in altri occultati ambiti.
Naturalmente questa realtà non intacca minimamente la nostra fede giallorossa ma ci invoglia, rispettosamente ed umilmente, ad ipotizzare una soluzione. Premesso che nutriamo la massima stima per ogni singolo componente l’attuale e totale organico della nostra società e non abbiamo dubbio alcuno sull’affezione di ciascuno di loro ai colori sociali, ci permettiamo di esprimere il nostro pensiero per allontare quella vera nube tossica che ci perseguita da vari decenni impendendoci di conseguire costantemente traguardi prestigiosi.
Se in tempi molto brevi riuscissimo ad allestire una squadra di veri “affamati”, non di sola ricchezza economica che compete loro in quanto professionisti, ma di quella fame di successi spotivi che animerebbe giovani calciatori nati a Roma e di sicura e provata fede Romanista.
Quale potrebbe essere l’enorme valore aggiunto in naturale dotazione ad una compagine così costruita se non quelo di ottenere vittorie non solo per la propria squadra ma anche e soprattutto per la squadra amata. Ma che vorremmo di più?
Buona Roma a utti i Romanisti che, da sempre, hanno fatto il salto di qualità.
Dario ’40