Questo messaggio non vuol essere un addio ma solo un doveroso ringraziamento per tutto quanto la Roma abbia saputo donare ad un tifoso alla soglia degli 80 anni. Certamente le gioie per i trofei e gli scudetti che, pur concedendo intime e collettive soddisfazioni, rappresentano passaggi nelle vicende calcistiche in quanto a quelle competizioni ne seguono subito di analoghe successive e tutto ricomincia di nuovo.
I doni ricevuti sono di altra e più profonda ed intensa natura, continui ed incancellabili come:
– La fortuna di aver scelto, in età di scuola elementare, la Roma quale squadra da tifare ed amare
– Lo spontaneo coinvolgimento affettivo con tutti gli altri tifosi giallorossi e non solo nell’assistere agli incontri, ma anche nel campo lavorativo e relazionale
– La struggente emozione provata quando le partite venivano narrate per radio dall’ineguagliabile Niccolò Carosio, sulle cui cronache potrei dilungarmi citando innumerevoli esempi che tengo gelosamente custoditi, chiari e lampanti nella memoria
– La incredibile complicità che nasceva con un altro sconosciuto tifoso; un episodio che voglio narrare, brevemente, ad anni di distanza, lo stesso sentimento di affezione, dunque: in quegli anni la coppia dei difensori centrali della Roma era costituita da Sergio Santarini e da Aldo Bet e vennero convocati per una partita dell’Italia da disputarsi proprio a Roma.
Quella mattina, di un giorno molto piovoso, mi trovavo su un’autobus di linea vicino al conducente che sentivo imprecare sommessamente; ritenni che fossi fosse preoccupato per il temporale e per le conseguenti difficoltà per la guida. Ad una fermata volse lo sguardo verso me dicendo “Fijo mio, non so preoccupato per st’acquazzone, ce so abituato. Sò proprio incazzato perchè per sta partita della Nazionale hanno convocato proprio Bet e Stanrini, mò sti due oggi me se bagnano, ecco perchè sono preoccupato, hai capito?“. L’avrei abbracciato fortemente.
– L’orgoglio di essere tifoso della Roma quando i ruoli di ala destra e di ala sinistra erano coperti da due giocatori romani, Orlando a destra e Menichelli a sinistra. L’appellativo dato loro dai tifosi era “il duo Campidoglio”.
– L’ammirazione ed il senso di gratitudine provata per il nostro terzino sinistro, Francesco Rocca, che con la sua velocità accompagnata da elevata tecnica aveva quasi ridicolizzato, rendendolo statuario al suo cospetto, una, allora stella del Real Madrid, tale Gento.
– L’ansia emozionale che mi aggrediva ogni volta che mi recavo allo stadio per assistere agli incontri della Roma, già da quando si disputavano nell’antico Stadio Torino che, poi, trasformato ed ammodernato, divenne il Flaminio, fino all’Olimpico, con il percorso dalla Curva Sud ai Distinti, alla tribuna Tevere per approdare finalmente alla Monte Mario.
– La profonda ed ineguagliabile gioia di partecipare al coro dell’inno della Roma sulle incomparabili e suggestive note e parole del brano di Antonello Venditti che ringrazio dal profondo del cuore per quella canzone.
– Il serenamente accettato furto del mio Rolex quando, festeggiando per le vie di Roma lo scudetto con Totti Capitano, mi venne strappato dal polso da due delinquenti. Durante il lento andare insieme a tante altro auto festeggiamenti, con le bandiere al vento, fummo costretti a fermarci sul Lungotevere vicino a Castel Sant’Angelo. Ero dispiaciuto e sconcertato per il furto subito ma pensasi “Chissenefrega, la roma ha vinto lo scudetto”. E ripresi subito il mio sbandieramento.
Ecco, questi sono i doni ricevuti dalla Roma, tutti di valore inestimabile proprio perchè spontanei ed assolutamente durevoli nel tempo, che non si possono acquistare nè toccare ma, soltanto, avvertire nel proprio animo.
Ora è necessario spiegare le ragioni di questo intimo ringraziamento, non certo per l’età avanzata ma perchè si è concluso un ciclo, il più bello e significativo di tantissimi anni da tifoso giallorosso.
Il termine preavvertito di quel ciclo è iniziato con l’addio al calcio giocato di Francesco Totti e si è concluso con quello, sconcertante ed imposto, di Daniele De Rossi; certo con la presenza nella squadra di Florenzi e Pellegrini potrebbe aprirsene un altro ma, considerando la grettezza e l’incapacità, da parte della proprietà e dei suoi accoliti, di percepire e di saper assimilare il concetto di “Romanità” e di “Romanismo” possiamo aspettarci di tutto.
Non provo disprezzo nè risentimento verso questi illustri personaggi che, purtroppo per loro, vedono solo il raggiungimento di benefici economici; anzi, penso a loro con una distaccata forma di commiserazione per il fatto di essere riusciti a non sapere capire l’occasione, più che favorevole e propizia, per appropriarsi di quel sentimento di emozionante fratellanza che accomuna l’intera tifoseria giallorossa.
Sarebbe stato, per loro, un notevole accrescimento ed arricchimento delle capacità affettive spontanee e gratuite insite in ogni persona vera, che vanno sempre coltivate con amore e saggezza, evitando il loro inquinamento dovuto a sterili valori economici e commerciali.
E’ una vera plusvalenza che hanno trascurato anzi, forse, nemmeno percepito.
Come sempre ci affidiamo alla speranza, basata e sostenuta dalla nostra fede giallorossa.
Buona Roma a tutti i Romanisti.
Dario ’40
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