“…Campo Testaccio c’hai tanta gloria, nessuna squadra ce passerà…” Sono trascorsi esattamente novant’anni da quel novembre del 1929 quando Campo Testaccio apre i cancelli e per la Roma inizia una fase storica indimenticabile.
A parte il periodo novembre 1937 – settembre 1938, in cui temporaneamente si emigra nell’allora Stadio Nazionale per lavori di restauro alla tana testaccina, negli anni Trenta l’impianto in legno tinteggiato di giallo e di rosso contribuisce a creare il mito della formazione romanista.
Tutto ha inizio con il primo torneo a girone unico, il 1929 – ’30; la squadra diretta da Guido Baccani ha già giocato la sua prima sfida interna al Campo della Rondinella, il 13 ottobre contro la Cremonese, stabilendo un proprio record che, in serie A, negli anni a seguire la Roma non ritoccherà più: 9-0 finale!
Si giunge al 3 novembre, quinta giornata del torneo, partita interna contro il Brescia. Campo Testaccio è pronto a concedersi ai tifosi romanisti. Creato sul modello del Goodison Park dell’Everton, le sue tribune possono ospitare 20.000 spettatori.
Il suo esordio ufficiale è bagnato dal forte acquazzone della notte precedente ma alle 14.30, orario di inizio della cerimonia, non piove.
A tagliare il nastro tricolore provvede Augusto Turati, presidente del CONI, cresciuto proprio nella città di Brescia. Ad impartire la benedizione ai quattro lati del campo è Monsignor Lorenzo Angelo Bartolomasi, primo vescovo castrense d’Italia.
Alle 14.45 tutto è pronto per il calcio d’inizio. La Roma per questa data storica schiera: Ballanti, Corbyons, De Micheli, Ferraris, Degni, Carpi, Benatti, Dalle Vedove, Volk, Bernardini, Chini.
Il Brescia si presenta con: Peruchetti, Gadaldi, Bonometti, Frisoni, Scaltriti, Morselli, Giuliani, Moretti, Bianchi, Prosperi, Barbieri. Arbitra il signor Rovida di Milano.
La Roma parte bene, rendendosi pericolosa in un paio di occasioni, ma l’infortunio di Benatti (che passa all’ala, visto che non ci sono ancora le sostituzioni) frena i suoi attacchi. Escono fuori gli ospiti che, a pochi minuti dall’intervallo, sciupano una favorevole opportunità con Prosperi.
L’attaccante lombardo calcia da pochi metri esaltando le doti di Ballanti che si oppone. Inizia la ripresa e si cambia musica; la Roma inizia all’assalto ed al 4° trova il gol. Carpi ruba palla a Frisoni e la cede a Chini.
“L’avvocato” Chini dalla sinistra effettua il traversone su cui in area si fionda Volk. La sua cannonata rasoterra non dà scampo a Peruchetti, Roma in vantaggio.
Il Brescia va in confusione e la Roma colpisce ancora. È il quarto d’ora quando al limite dell’area ospite la palla viaggia da Dalle Vedove a Volk e da questi a Bernardini. Potente la sua conclusione che s’infila alla destra dell’estremo difensore lombardo.
La Roma cede negli ultimi dieci minuti ed al 42° Prosperi, dopo aver scambiato con Bianchi, mette dentro il punto della bandiera. Termina così il primo scontro nella nuova tana dei lupi, un terreno che per più di dieci anni si rivelerà ostico per tutti. Il popolo giallorosso ha trovato la sua casa, il suo fortino, il suo simbolo con cui si identificherà ed in cui il mito dell’A. S. Roma muoverà i primi passi.
Quel periodo ricordato da “La canzone di Testaccio” terminerà ufficialmente il 2 giugno 1940, pochi giorni prima dell’ingresso italiano nel secondo conflitto mondiale.
Quella domenica la Roma disputa la sua ultima gara di campionato battendo il Pro Patria per 3-1. Il 30 dello stesso mese si darà l’addio al tempio romanista con l’amichevole con il Livorno e poi, il 21 ottobre, le ruspe abbatteranno definitivamente la struttura.
Non arrivano trofei, la società che viene guidata da Renato Sacerdoti, Antonio Scialoja ed Igino Betti raccoglie in quel periodo due secondi posti (nel 1931 e nel 1936) ed una finale di coppa Italia persa contro il Genoa nel 1937, ma riesce a creare attorno a sé un vasto consenso popolare diventando subito la prima squadra della città eterna.
Le canzoni, il cinema e i giornali narrano le gesta degli “Eroi di Campo Testaccio”, l’immaginario collettivo degli abitanti della Capitale viene colpito dalle battaglie che i giocatori della Roma ingaggiano su quell’indimenticabile rettangolo verde.
Il 5-0 inflitto alla Juve, diretta concorrente per il titolo (15 marzo 1931), l’altro 5-0 imposto ai cugini biancocelesti il 1° novembre 1933 ed un numero impressionante di vittorie sono record finora mai migliorati.
Campo Testaccio fu la prima casa del popolo romanista, ma Roma ed i suoi tifosi ne meritano presto un’altra in cui poter dar vita ad altre pagine gloriose della nostra storia.
di Massimiliano Spalluto