di Massimiliano Spalluto
È il giorno di San Lorenzo, il 10 agosto 1980, quando un aereo proveniente dal Brasile atterra a Fiumicino; c’è un passeggero speciale a bordo, destinato a cambiare la storia della Roma.
Dalla scaletta scende un ragazzo di quasi 27 anni dal nome che, inizialmente, verrà pronunciato in tante maniere diverse: Paulo Roberto Falcao. Ci sono cinquemila persone ad accoglierlo all’aeroporto, solo un assaggio di quanto affetto gli verrà tributato in seguito. Per mesi si era parlato di una Roma orientata verso altri nomi riguardo allo straniero da ingaggiare, tipo Ruud Krol o Zico, ma poi Dino Viola punta decisamente sul campione di Xanxere.
Qualche mugugno lo accompagna nelle prime uscite, ma il talento dell’asso carioca mette tutti d’accordo in breve tempo. Nella sua prima stagione a Roma la creatura di Viola lotta per il titolo fino all’ultima giornata, non le succedeva dal 1942, dallo scudetto vinto da Masetti, Amadei e Schaffer.
Negli anni a seguire quell’impresa centrata in tempi di guerra erano state raccolte soltanto due terze piazze, nel 1955 e nel 1975. È il 1981 e la Roma arriva seconda, ne può essere fiera e può a buon diritto contestare alcune decisioni arbitrali che hanno inevitabilmente influenzato la classifica finale.
Davanti c’è la Juventus ed in ballo la “questione dei centimetri” che Viola ricorderà sempre. Tante polemiche ma una nota positiva: la consapevolezza che questa squadra ha una marcia in più e può dare tante soddisfazioni ai suoi tifosi. Arriva una coppa Italia, seconda consecutiva, vinta ancora a spese del Torino e sempre ai rigori, per la Roma è la quarta coccarda tricolore.
L’anno dopo consegue un terzo posto ma la stagione è segnata da infortuni e tante avversità. Infine il 1983, il momento sognato da troppi anni, la cavalcata trionfale che conduce alla vittoria tricolore, “…la prigionia del sogno” finalmente spezzata, la Roma è campione d’Italia. Falcao è uno dei protagonisti assoluti, tanto da essere eletto a furor di popolo “ottavo Re di Roma”.
I suoi sette gol, la forza di trascinare la squadra nei momenti di difficoltà e la capacità di saper leggere il gioco precorrendo i tempi fanno di Falcao il simbolo di questa squadra entrata ormai nella leggenda. L’anno successivo un secondo posto in campionato, il trionfo europeo sfuggito ai calci di rigore ed un’altra coppa Italia conquistata. Il ginocchio del “Divino”, però, inizia a non collaborare più e con Eriksson l’annata seguente sono pochissime le possibilità di vedere il brasiliano schierato in campo.
La sua quarta, e purtroppo ultima, presenza stagionale in campionato giunge il 16 dicembre 1984, a Napoli. Si gioca la dodicesima giornata e la Roma stenta a trovare una sua identità, anche per le frequenti assenze del suo asso d’oltreoceano.
A guidare la classifica è il sorprendente Verona di Osvaldo Bagnoli, ha tutti i numeri per poter restare in testa fino alla fine… e lo farà. Il Napoli, invece, vive la sua prima avventura con l’argentino Diego Armando Maradona. Contro i giallorossi il tecnico partenopeo Rino Marchesi schiera: Castellini, Bruscolotti, De Simone, Bagni, Ferrario, Marino, Bertoni, De Vecchi, Caffarelli, Maradona, Celestini. La Roma dell’accoppiata Eriksson – Clagluna oppone: Tancredi, Oddi, Bonetti, Nela, Falcao, Righetti, Conti, Cerezo, Pruzzo, Ancelotti, Graziani.
Arbitra l’incontro il signor Bergamo di Livorno. Partita difficile dal punto di vista arbitrale; al 15° annullato un gol al Napoli. Maradona si trova solo al cospetto di Tancredi al limite dell’area. La palla giunge a Caffarelli che mette in rete a porta vuota. Decisione controversa, prevale la tesi del fuorigioco al momento del passaggio dell’argentino. 20° Falcao saluta i tifosi giallorossi alla sua maniera; triangola con Cerezo e dal limite dell’area il “Divino” lascia partire una conclusione precisa che s’insacca alla sinistra di Castellini.
Festeggia il gol come ha sempre fatto: un salto e pugno in alto, ma il ginocchio non è più quello di una volta. Avverte un contraccolpo che, dopo pochi giorni, lo condurrà nuovamente in sala operatoria.
Intanto la gara va avanti. Ultimo minuto del primo tempo, Maradona serve Bertoni in area in sospetta posizione di fuorigioco. Il suo tocco a porta vuota si stampa sulla traversa, rimbalza sulla linea e la palla viene allontanata da Oddi in scivolata. Viene concesso il punto del pareggio… c’è tanto da discutere davanti alla moviola. Per ora da apprezzare solo la rete del sudamericano giallorosso.
Il genio, la capacità di leggere anticipatamente l’evolversi di un’azione e la freddezza nell’esecuzione sono delle costanti quando in campo c’è lui. Purtroppo la bella abitudine acquisita dal tifoso romanista si perderà per sempre in questa domenica che avvicina al Natale. La storia dirà che in questa domenica si chiude un’epoca visto che a fine stagione il rapporto tra Falcao e la Roma si interrompe definitivamente.
Nella ripresa arriva la rete della vittoria, nata da un tiro di Nela da notevole distanza toccato da Marino che rende impossibile l’intervento del suo portiere, palla in rete alla destra di Castellini. Tre minuti dopo, al 36°, Caffarelli viene sostituito da Penzo nel Napoli mentre, tra i giallorossi, al 42° Graziani lascia il posto a Buriani.
Arriva il triplice fischio, la Roma espugna il San Paolo per il terzo anno consecutivo.
Il “Divino” esce dal campo indossando per l’ultima volta la maglia della Roma. Saluta i tifosi, sa solo che anche in quest’occasione il suo apporto è stato determinante per la vittoria.