di Massimiliano Spalluto
È il 1945, anno spartiacque nella storia del XX secolo. L’Italia, come gran parte del continente europeo, ha il suo territorio visibilmente provato dal secondo conflitto mondiale che si è appena concluso.
Non ci sono vincitori, solo tante macerie, lutti, situazioni di miseria ed una disperazione profonda per ciò che è sotto gli occhi di tutti: la follia umana capace di devastare città millenarie e di seminare ovunque morte e distruzione. Si riparte, anzi… si deve ripartire, la vita deve riprendere a scorrere trovando una certa normalità ma facendo sempre tesoro di quanto successo, perché non debba riproporsi mai più un disastro di queste proporzioni.
Anche il calcio è chiamato a svolgere un ruolo importante nel tentativo di riportare una difficile parvenza di normale quotidianità. Nel periodo bellico parlavano gli strumenti di morte ed il calcio era costretto a tacere, a nascondersi, proprio come la coppa Rimet, conquistata per la seconda volta consecutiva dalla nazionale italiana nella finale allo Stade de Colombes di Parigi il 19 giugno 1938 contro l’Ungheria.
Per sottrarre il prezioso trofeo ai nazisti, Ottorino Barassi, reggente della FIGC, lo occultò in tutti i modi, dallo scatolo di scarpe nascosto sotto al letto al fusto di olio in una località lontana dalla Capitale, per poi riconsegnarlo definitivamente alla FIFA, in tempi di pace, in occasione del mondiale brasiliano del 1950.
A Roma, negli ultimi due anni (1943 – ’45) si giocano campionati cittadini, con Roma, Lazio, Avia, Elettronica, Mater, Trastevere, Tirrenia ed altre formazioni locali. Nella stracittadina di ritorno del campionato laziale, disputatasi il 6 maggio 1945, la Roma allenata in quel periodo dal portierone giallorosso Guido Masetti si aggiudica in un colpo derby e torneo battendo la Lazio, grazie ad una rete di Omero Urilli al quarto d’ora della ripresa.
In Italia il campionato riprende ad ottobre nella sua forma antica (per via delle difficoltà di comunicazione tra le diverse zone), non con un girone unico ma due gironi preliminari: “Alta Italia” e “Centro – Sud”, prima di dar vita allo scontro finale tra le prime 4 di entrambe le graduatorie, con la vittoria tricolore che arride al Grande Torino di Bacigalupo, Valentino Mazzola, Grezar e degli altri sfortunati campioni granata.
Alla decima giornata c’è la stracittadina, si gioca allo Stadio Nazionale, padrona di casa la Lazio. È il 23 dicembre 1945, la Roma allenata da Giovanni Degni è prima in classifica nel girone Centro – Sud.
La Lazio si presenta in campo con: Gradella, Valenti, Ferri, Manfré, Gualtieri, Manola, Puccinelli, Brunetti, Koenig, Lombardini, Tossio. La Roma di Degni risponde con: Risorti, Contin, Andreoli, Salar, Benedetti, Jacobini, Krieziu, Dagianti, Amadei, Borin, Urilli.
Arbitra l’incontro il signor Gamba della sezione di Napoli. Fin dalle battute iniziali le due compagini si danno battaglia, con Gradella e Risorti chiamati a compiere una serie di interventi spettacolari. La gara si sblocca al 32°, Valenti in preda al panico mette in angolo un pallone che sembrava innocuo.
Sullo spiovente Borin serve di testa Urilli che infila il vantaggio giallorosso. La giovane ala romanista rinnova l’appuntamento col gol nelle sfide con i biancazzurri, dopo aver deciso il match del maggio precedente. Inizia la ripresa ed al 3° Amadei resta a terra per un brutto incidente di gioco, per lui diagnosi di frattura allo zigomo.
Rientra in campo dopo molti minuti e passa all’ala, visto che le sostituzioni sono ancora lontane dall’essere proposte. Si continua a giocare ed al 24° la Lazio agguanta il pari. Azione personale di Tossio, cross al centro, respinge Andreoli ma proprio sui piedi di Manola che si coordina e calcia al volo. Conclusione imparabile per Risorti, 1-1.
Solo quattro minuti, è il 28° e la Roma torna avanti. Nel tentativo di contrastare gli attaccanti giallorossi la difesa dei padroni di casa va in tilt. Difende palla Krieziu e centra per Borin.
La sua rasoiata si infila nella rete avversaria mentre Gualtieri ed il portiere Gradella si ostacolano a vicenda. La gara si accende ma il risultato non cambia più, la Roma si aggiudica il primo derby del dopoguerra. Festeggia il popolo romanista, si rinnova la tradizione dei tempi di Campo Testaccio con scontri epici che vedevano quasi sempre i giallorossi trionfare sui biancazzurri.
Ora, però, si torna a casa, sta per concludersi l’ultimo terribile anno funestato dalla barbarie della guerra. Il giorno dopo è la vigilia di Natale, ci si riunisce ai propri cari con la speranza di ripartire per costruire un futuro migliore, lasciandosi alle spalle un conflitto sanguinario e le terrificanti brutture che lo hanno accompagnato.
L’Italia può finalmente ritrovare un momento di serenità, troppo a lungo desiderata, vivendo questo primo Natale senza più combattimenti.