a cura di Massimiliano Spalluto
“Noi siam tifosi della Roma siamo del Commando Ultrà…” chi ha ormai raggiunto un’età per cui non si può essere più definiti giovanissimi conosce bene questo ritornello. Essere cresciuti a pane e Roma significa aver desiderato almeno una volta, negli anni del Commando Ultrà, poter entrare in quella curva ed unirsi al cuore della sud per battere le mani a tempo ed intonare quei cori. L’Italia viveva anni difficili in quella seconda metà del decennio Settanta; la cronaca nera era sempre fitta di tragedie, stragi, atti dimostrativi spesso collegati ad una febbre politica altissima ed il calcio rappresentava un momento di svago, di evasione da tanta incertezza.
Nel 1977 l’A. S. Roma viveva gli ultimi scampoli della presidenza Anzalone a cui seguirono gli anni della rinascita targati Dino Viola. La Roma si proponeva finalmente con ambizioni degne del suo nome ed a sostenerla trovava una curva sud sanguigna e sempre più appassionata, il cui cuore pulsante era il Commando Ultrà. Chi ne faceva parte? I nomi che la leggenda tramanda sono tanti; tra questi, solo a titolo d’esempio, si possono ricordare Antonio Bongi, Roberto Rulli, Stefano Malfatti, Geppo, Roberto Venturelli, Giuseppe “Peppone” De Vivo, Vittorio Trenta e tantissimi altri che hanno scolpito nel marmo della storia questa irripetibile e meravigliosa era del tifo giallorosso. Si trattava di giovanissimi, gli appartenenti al CUCS, che dedicavano gran parte del loro tempo al reperimento di materiale utile alla creazione ed all’allestimento di coreografie, organizzavano trasferte per seguire i propri eroi, insomma si occupavano di tutto ciò che era indispensabile per la partita successiva, spesso sacrificando il tempo da trascorrere con gli affetti più cari.
Venivano sottratte ore allo svago, allo studio, al riposo necessario immolando notti intere tra due giornate di pesante lavoro quotidiano, il tutto per dar vita a qualcosa di grandioso degno del nome Roma. Un’attività, autofinanziata, che ha ispirato, in maniera variabile a seconda dei momenti e luoghi diversi, le generazioni successive di supporters. Non meno impegnativa risultava l’opera di scrivere i testi per i cori intonati durante la gara. Sono stati quei cori, quasi sempre adattati sulle note di colonne sonore di film o canzoni di successo, a dare voce allo stato d’animo dei tifosi presenti allo stadio. Speranza, sconforto, tensione, gioia, delusione trovavano negli inni che partivano dalla curva sud la possibilità di potersi esprimere compiutamente.
Prima del 1977 la situazione era alquanto variegata; in curva erano presenti molti gruppi diversi tra cui ricordiamo le “Pantere”, i “Guerriglieri della Curva Sud”, la “Fossa dei Lupi” i “Boys” ed altri a cui si pensò di dare un coordinamento. Fu con lo scopo di avere un’unica voce potente e compatta nel sostenere la Roma che si decise di unire l’impegno degli appartenenti e creare un’entità che rappresentasse il fulcro di tutti quegli sforzi. Il nome “Commando Ultrà” viene rivendicato con orgoglio da Antonio Bongi, dei “Boys”; la sua proposta, sottoposta alla votazione degli esponenti degli altri gruppi, piacque; questo fu l’atto di nascita del Commando Ultrà Curva Sud. Il suo debutto ufficiale nella gara interna contro la Sampdoria, conclusa con un secco 3-0 con le reti di Giuliano Musiello e la doppietta di Agostino Di Bartolomei.
Sono trascorsi quarant’anni da quel 9 gennaio 1977, il giorno in cui quello striscione di circa 43 metri fece la sua prima apparizione e riuscì ad avvolgere idealmente la stragrande maggioranza dei cuori della Curva Sud. Tra incidenti di percorso, alcuni fisiologici ed altri evitabili, scissioni a volte definitive, riappacificazioni, eventi traumatici e tristi che si vorrebbero rimuovere dalla memoria e, al contrario, aneddoti divertenti ed esaltanti da raccontare con legittimo orgoglio, l’attaccamento e l’impegno non sono mai venuti meno e così il tempo è scivolato via.
Di certo, per coloro che hanno fatto parte del CUCS, resta la consapevolezza di aver costituito infinite volte l’autentico dodicesimo uomo in campo, in grado di fornire le energie ai propri atleti per quello scatto in più necessario ad ottenere un risultato favorevole, sia tra le mura amiche che in trasferta. Allenatori, presidenti, calciatori ed altri addetti ai lavori hanno riconosciuto pubblicamente e, spesso, con un luccichio negli occhi di sincera commozione, la spinta morale nata dall’incoraggiamento incessante che i cori provenienti dalla curva sud hanno saputo infondere nei propri beniamini.
Il calcio oggi è cambiato profondamente; tra “spezzatino” servito in vari momenti della settimana, questioni relative all’incredibile sproporzione dei capitali mossi, diritti TV e la conseguente possibilità di seguire un match comodamente dal divano di casa, gli stadi tendono a svuotarsi e colui che conserva la passione, sovente, ha finito progressivamente per impigrirsi. Se poi a questi aspetti innovativi rispetto all’offerta degli anni Settanta, Ottanta ed in parte Novanta, aggiungiamo le vicende che hanno trascinato lo sport più seguito dagli italiani nelle aule dei tribunali, l’atteggiamento delle masse di appassionati non può oggettivamente restare immutato.
Per dirla con il Manzoni: “Non tutto ciò che viene dopo è progresso”. Scommesse illecite, doping, sentenze che hanno riconosciuto in maniera definitiva l’irregolarità di alcuni campionati hanno contribuito a minare irrimediabilmente la credibilità nel calcio e nelle sue istituzioni. In questo panorama calcistico italiano del XXI secolo, probabilmente, andrebbe rivalutato sempre più lo spirito di amore sincero e genuino per la Roma con cui un ragazzo o un gruppo di amici si avvicinava all’esperienza del Commando Ultrà. Si volevano sentire i resoconti di momenti gloriosi, anche sottostando ad un benevolo ed affettuoso “…che ne sai tu di quella gara, a quell’epoca eri solo un pischello…” da parte degli “anziani” del gruppo, che poi non facevano mai mancare la loro guida fraterna. In questo modo le giovani leve si approcciavano col desiderio di vivere e poter scrivere altre memorabili pagine del tifo romanista. L’obiettivo era quello di muoversi nel pieno rispetto della tradizione e del prestigio che il Commando aveva saputo creare attorno a sé nel mondo dei tifosi. Era un modo più coinvolgente di vivere il forte attaccamento verso i colori amati, commettendo anche degli errori… ma la gioventù è l’età in cui molti sbagli si perdonano, soprattutto se compiuti per un grande e comune amore.