Di Massimiliano Spalluto
Quindici anni nella Capitale, 386 presenze in campionato di cui 299 da Capitano, una sola ammonizione ricevuta, proprio nella sua ultima partita in serie A.
Questi alcuni dei numeri di “Core de Roma” Giacomo Losi, il più presente fino all’avvento di Francesco Totti e Daniele De Rossi. Tutto inizia il 20 marzo 1955, nella Roma il difensore Alberto Eliani è infortunato e l’allenatore inglese Jesse Carver pensa di far debuttare Losi che ha appena diciannove anni.
L’anno precedente era nella Cremonese, vincitrice del girone che le permise di risalire in serie C dopo un biennio in IV serie. Losi viene a rinforzare la rosa romanista insieme ad altri nuovi acquisti tra cui Stefano Nyers, Luigi Giuliano e Giosuè Stucchi.
In giallorosso militano anche i nazionali Egisto Pandolfini e Carlo Galli, oltre alla stella uruguayana campione del mondo nel 1950 Alcides Ghiggia. Al suo primo impatto in campionato, Giacomo si trova subito catapultato in uno scontro di cartello. Il compito che gli viene affidato è quello di tenere a bada Gino Armano, forte attaccante dell’Inter campione d’Italia uscente.
Una grossa responsabilità per questo giovane nativo di Soncino, in provincia di Cremona. Per la Roma, gli anni bui dell’immediato dopoguerra sono ormai lontani; il presidente è Renato Sacerdoti, dal novembre del 1952 salito nuovamente al vertice della società da lui già guidata nei suoi primi passi dal 1928 al 1935.
L’annata 1954 – ’55 vede la compagine romana disputare un buon torneo, sempre piazzata nelle prime posizioni nel corso della competizione; indubbiamente il miglior rendimento dopo lo scudetto del 1942.
Siamo al 24° turno e lo Stadio dei Centomila (primo nome dell’Olimpico) ospita l’Inter che, diretta dal mister Alfredo Foni, si è aggiudicata gli ultimi due scudetti. La Roma è in campo con: Moro, Stucchi, Losi, Bortoletto, Cardarelli, Giuliano, Ghiggia, Pandolfini, Galli, Celio, Nyers. L’Inter oppone: Lombardi, Giacomazzi, Padulazzi, Bonifaci, Bernardin, Nesti, Armano, Mazza, Lorenzi, Passarin, Savioni.
Dirige il signor Liverani della sezione di Torino. Al 18° sugli sviluppi di un corner battuto da Nyers è Galli a portare in vantaggio la Roma. Trascorrono solo otto minuti, Ghiggia cede a Bortoletto che da oltre venti metri lascia partire una conclusione che non dà scampo a Lombardi, estremo difensore nerazzurro. Inizia la ripresa e Pandolfini, a conclusione di un’azione personale, batte per la terza volta Lombardi, è il 13°.
La partita termina qui, il punteggio di 3-0 sta anche un po’ stretto agli uomini di Carver per quanto visto in campo e numero di occasioni prodotte. Losi supera più che brillantemente la sua prova, per lui quest’anno 8 presenze mentre la squadra si piazzerà al terzo posto finale. L’anno seguente diventa titolare fisso con l’arrivo del tecnico ungherese Gyorgy Sarosi.
Nel 1961 la consacrazione definitiva nel cuore del tifoso romanista avviene nella gara con la Sampdoria dell’8 gennaio. In condizioni fisiche fortemente menomate da uno stiramento all’inguine, resta in campo per non lasciare in nove la sua squadra, già in inferiorità numerica per l’infortunio di Egidio Guarnacci.
Ignorando il dolore, realizza il gol della vittoria saltando di testa su calcio d’angolo (3-2) divenendo per il popolo giallorosso un autentico eroe, per l’appunto “Core de Roma”. In quello stesso 1961 si aggiudicherà la Coppa delle Fiere e, in seguito, arriveranno 2 coppe Italia, le prime nella storia dell’A. S. Roma. Nella sua lunga permanenza nella Capitale vede succedersi le presidenze di Sacerdoti, Gianni, Marini Dettina e sopravvive all’Austerity targata Evangelisti; lavora agli ordini di molti allenatori tra cui ricordiamo, oltre ai menzionati Carver e Sarosi: Gunnar Nordahl, Alfredo Foni, Luis Carniglia, Juan Carlos Lorenzo, Oronzo Pugliese ed il “mago” Herrera.
La sua vita in giallorosso termina nel 1969; in un’intervista pubblicata su Repubblica nel 2014, ricorda la modalità con cui gli è stata comunicata l’interruzione del suo rapporto professionale con la Roma. Fu un usciere della società a consegnargli una busta con dentro il suo cartellino ed una lettera che lo ringraziava per i suoi servigi “…più formale che altro…”.
È successo ad altri campioni del passato, basti pensare, ad esempio, a Fulvio Bernardini. Il “Professore” seppe di non far più parte della rosa leggendolo sui giornali, mentre si trovava in vacanza al mare; era l’estate del 1939 ed aveva appena concluso la sua undicesima stagione in giallorosso.
Giacomo disputerà un ultimo anno in serie D con la Tevere Roma prima di togliersi definitivamente gli scarpini. Il campione di Soncino è considerato un patrimonio storico dell’A. S. Roma che lo annovera nella sua Hall of Fame.
La Roma resta sempre nel cuore di Giacomo Losi ed i tifosi romanisti ricambiano l’affetto, riconoscenti per il profondo attaccamento da lui dimostrato alla causa giallorossa.