a cura di Massimiliano Spalluto
Quando c’è da dimostrare carattere ed orgoglio, il vecchio cuore giallorosso risponde sempre all’appello.
Corre l’anno 1988, con il “Barone” Nils Liedholm, nella Capitale per la terza volta, la Roma ha conseguito il terzo posto. Potrebbe apparire come un “déjà-vu”, in fondo, si pensa, nell’82 si partiva dalla terza piazza e un anno dopo… la gloria. In campagna acquisti arrivano Ruggiero Rizzitelli, il prestito di Daniele Massaro e, come stranieri, ecco Andrade e Renato, due brasiliani che sembrano promettere bene.
Il campionato inizia con molte incertezze e l’esordio in coppa UEFA non è dei migliori: squadra spenta, arrendevole che viene battuta senza troppi sforzi al Flaminio dai tedeschi del Norimberga per 2-1.
Il ritorno, però, vede già una prima prova di carattere fornita dagli uomini di Liedholm; nei tempi supplementari la chiude Renato, per lui unica rete dell’annata tra UEFA e campionato. 3-1 in Germania e si va ai sedicesimi, dal bussolotto esce il nome del Partizan di Belgrado. Squadra ostica ma non imbattibile, per il tifoso romanista “… si può fare”. L’andata a Belgrado, però, conferma le difficoltà della Roma: 4-2 per gli slavi.
Si è giocato in un clima rovente, lo Stadion Partizana è una bolgia ed il tifo dei padroni di casa si rivela, per loro, l’autentico dodicesimo uomo in campo. La doppietta di un sempre lucido Bruno Conti tiene vive le speranze della Roma.
Nei minuti finali capita un episodio increscioso: capitan Giannini viene colpito alla testa da un oggetto, inizialmente si parla di un accendino, poi pare accertato si tratti di una moneta da 100 dinari.
Il giocatore è costretto ad uscire dal campo, sostituito dal campione del mondo ’82 Fulvio Collovati. La Roma presenta ricorso all’UEFA, si chiede come minimo la ripetizione della gara. Alla società (dell’allora Jugoslavia) viene comminata una multa pari a 9 milioni di lire dell’epoca ed una squalifica del campo per il prossimo impegno interno nelle competizioni continentali.
Il risultato, tuttavia, è confermato ed il reclamo della Roma viene respinto. Niente da fare, ai rappresentanti della società viene simbolicamente sbattuta la porta in faccia. Si giunge così alla sfida di ritorno, mercoledì 9 novembre 1988, ai giallorossi serve il 2-0 per poter ottenere il passaggio del turno. Si gioca di pomeriggio in un Olimpico privo della Curva Sud, l’impianto romano è un cantiere aperto in vista dei mondiali di Italia ’90. Inizia il match e dopo qualche minuto un rigore viene reclamato per l’atterramento di Policano ad opera del portiere slavo Omerovic. Il fallo è evidente ed a fine partita lo stesso Omerovic ammette che il penalty andava concesso.
Il direttore di gara, lo spagnolo Sanchez Arminio, lascia correre. La Roma centra due pali, al 13° con Giannini ed al 18° con Desideri. I giallorossi non si arrendono ed al 20° passano grazie alla rete di Voeller, ottimamente servito in area da Andrade. Il centravanti scaglia una sassata in diagonale che non dà scampo al portiere avversario.
La Roma preme, Voeller al 38° entra in area e viene atterrato da un difensore; come prima, si continua! Al via la ripresa ed i primi 3 minuti fanno pensare che la fortuna abbia voltato definitivamente le spalle ai capitolini: dopo 90 secondi Voeller coglie il terzo palo della giornata con una schiacciata di testa e, dopo circa un minuto, Roma in dieci per la seconda ammonizione inflitta a Manfredonia. La sorte e la direzione di gara sono decisamente poco propizi verso la Roma che, malgrado gli eventi avversi, non si arrende e tira fuori una reazione d’orgoglio. Insiste, macina gioco ed occasioni mentre la squadra avversaria appare impaurita dalla grinta dei romanisti. Al 27° arriva finalmente il premio per tanta costanza: ancora dai piedi di Andrade parte il lancio per Voeller che, in area, viene abbattuto da un difensore. Questa volta l’arbitro fischia ed indica il dischetto: rigore.
È Giannini a trasformare, palla alla sinistra di Omerovic, 2-0 e qualificazione che arride alla Roma. Il Partizan non reagisce, appare tramortito malgrado la superiorità numerica esercitata per tutta la ripresa. Un minuto e mezzo di recupero ed arriva il triplice fischio, la Roma è agli ottavi. È stata un’impresa sofferta, complicata dalla sfida d’andata giocata sottotono, ma alla fine il carattere della squadra ha trionfato. La Roma ha vinto malgrado la sfortuna manifestatasi nei tre legni colpiti e in tante occasioni non andate a buon fine.
È un successo ottenuto anche a dispetto di un arbitraggio sicuramente non ‘casalingo’, con due rigori clamorosamente negati ed un’espulsione apparsa ai più come troppo fiscale, una decisione che poteva far chiudere in anticipo il discorso qualificazione.
Ci si augura che questo successo possa essere il punto di svolta di una stagione iniziata male, ma non sarà così; in realtà l’annata sarà sofferta fino alla fine. Nel suo unico anno a Roma quella col Partizan, per il brasiliano Andrade, costituirà la sola prestazione oltre la sufficienza; per Liedholm, invece, è l’ultima vittoria in carriera in Europa. Negli ottavi, infatti, la Roma incasserà un doppio 0-2 dai tedeschi dell’Est della Dinamo Dresda e la conseguente eliminazione.
La nota positiva arriverà da Voeller: non contento dei primi quattordici mesi nella Capitale e deluso dal suo scarso utilizzo, pensa di tornare in Germania e avvia delle trattative. I contatti da lui presi con l’Eintracht di Francoforte saranno presto interrotti, soprattutto per la decisa opposizione del presidente Viola.
Il suo desiderio di tornare in patria viene annullato dalla continuità acquisita gara dopo gara e dall’affetto che il pubblico gli dimostra.
Per il suo impegno diventerà in breve tempo “Il tedesco che vola”, beniamino del popolo giallorosso nei tre anni che seguono.