Giancarlo De Sisti, eletto da poco nuovo membro della Hall of Fame giallorossa, ha rilasciato un’intervista al sito ufficiale della Roma. Ecco le sue parole:
“Ci teneva tanto a figurare tra i nomi degli immortali romanisti. “Ho giocato tanti anni nella Fiorentina, vincendo pure uno scudetto e diventando cittadino onorario di Firenze, ma la Roma è la Roma e non si discute”, dice De Sisti con orgoglio. D’altronde, “Picchio” questa maglia l’ha indossate 279 volte (10 stagioni in due periodi diversi tra il 1960 e il 1979), realizzando 29 reti.
Da dove inizia la sua storia con la Roma?
“Mi presero da una squadra di San Giovanni, la Forlivesi, dove mi portò mio padre per non litigare con mia madre… Giocavo nella parrocchia di Santa Maria del Buonconsiglio sulla Tuscolana. La sera tornavo a casa sudato e mia madre si preoccupava che mi ammalassi. Mio padre, invece, mi supportava. Lui era stato un buon giocatore di Serie C e non gli dispiaceva affatto l’idea che anche io ricalcassi le sue orme. Insomma, questo era un argomento che li faceva discutere. Per trovare un punto d’incontro mia madre disse a mio padre: “Porta tuo figlio a una scuola calcio dove può farsi la doccia e tornare a casa in condizioni decenti”. Lui non se lo lasciò ripetere due volte. Andammo alla Forlivesi, superai il provino e da lì iniziò tutto”.
Dopo la Forlivesi, quindi, la Roma.
“Esatto, mi notarono all’età di quindici anni. Mi pagarono con undici maglie e undici paia di scarpe. Di questo tipo di materiali ce n’era sempre bisogno”
Il suo percorso in giallorosso inizia nel settore giovanile con due titoli consecutivi nel “Campionato Ragazzi” nel 1960 con Geza Boldizsar in panchina e nel 1961 con Guido Masetti.
“Ci aggiudicammo anche due coppe Italia. Eravamo una squadra fortissima, tutti potevano sfondare e diventare grandi calciatori di Serie A. In quegli anni appresi molto da Masetti, il portiere e capitano dello scudetto del ‘42. Un uomo dalla spiccata personalità, bastava uno sguardo per capire cosa voleva. Mi insegnò molto”.
A 18 anni non ancora compiuti l’esordio in Serie A.
“La prima volta in campionato non andò benissimo. Piansi tanto perché non giocai bene. Quel giorno, il 12 febbraio del 1961, l’allenatore Foni mi diede questa grande opportunità, ma mi schierò all’ala destra per sostituire Orlando. Io ero un centrocampista centrale, dal passo nemmeno tanto veloce. Insomma, avevo caratteristiche che non si sposavano al meglio con il ruolo di esterno. Ma non ci pensai, in fondo era una possibilità unica. E così, parlai con un mio compagno di squadra, il mediano Luigi Giuliano, per trovare una soluzione che permettesse di mettere in difficoltà questo terzino, che si chiamava Valenti. Purtroppo non ci capimmo e andò male. Perdemmo 2-1”.